Innanzitutto un saluto a tutti i frequentatori di questo NG, che ho
scoperto da poco e che seguo con interesse. Mi chiamo Andrea e ho 31
anni, poco piu' dell'autore di questo post, e a quanto pare abbiamo lo
Post by Texfaccio fatica a farmi rispettare perchè ho sempre paura di essere in
torto, e ho sempre il timore di poter offendere le persone. Troppo
spesso mi capita che vengo "attaccato" verbalmente ma non ho mai la
classica risposta pronta da dare...
Anche io condivido il tuo stato d'animo quando vengo aggredito
verbalmente: non riesco a trovar subito il modo di far valere le mie
ragioni, sicche' alla fine sembra quasi che sia io quello in torto che
si deve giustificare. Questo mi capita quando chi mi attacca e' in mala
fede e segue il principio per cui la miglior difesa e' l'attacco. Ti
faccio un esempio: il professore con cui ho fatto il dottorato era il
tipico barone che scaricava tutte le sue responsabilita' su noi
assistenti. Quando qualcosa non andava per il verso giusto (tipicamente
qualche scadenza che non riuscivamo a rispettare a causa di sue
dimenticanze) allora entrava urlando e minacciando. E a quel punto,
patatrac. Ribattere mi risultava difficilissimo.
Cercando di capire il perche' del mio comportamento, mi sono reso conto
che la mia prima reazione davanti alle sue accuse era questa: "Io non
accuserei mai una persona di qualcosa di cosi' rilevante senza averne
fondati e validi motivi: evidentemente ho realmente mancato in
qualcosa". Inutile dire che questa riflessione mi faceva perdere quei 2
secondi seguenti all'accusa nei quali e' fondamentale rispondere
fermamente; al contrario, io chiedevo spiegazioni sull'accaduto
timoroso di aver sbagliato qualcosa.
Ma non solo: visto che la mia "mitezza" era considerata un segnale di
vittoria per lui, allora continuava la sua accusa rincarando la dose
sia dal punto di vista della forma (aumentava il tono di voce) sia
della sostanza (iniziava a paventare terribili conseguenze, tipo meno
soldi per tutti i membri del laboratorio).
Da questa esperienza ho imparato che in una discussione con persone dal
carattere piu' o meno prepotente e' spesso deleterio partire da una
posizione in cui si chiede "perche' io sbaglierei?". Meglio piuttosto
ribadire di credere nella propria posizione e invece chiedere all'altro
"perche' tu avresti ragione?". In questo modo non ci si impunta
eliminando ogni dialogo, ma si fa capire all'altro che non bastera'
alzare la voce ha la possibilita' di avere un confronto da cui poi si
uscirebbe a testa alta sia avendo ragione, sia avendo torto
(naturalmente presupponendo la propria buona fede); allo stesso tempo,
pero', si evita di partire dalla posizione dell'accusato che deve
giustificare le proprie (presunte) mancanze.
Ciao
--
Andrea (GE, 31, 192)