ser.pas.
2007-06-09 19:50:30 UTC
Salve a tutti.
Mi sento un pò in imbarazzo a scrivere pubblicamente, non mi capita spesso
di farlo, e per giunta per una questione molto personale.
Ma non mi va di parlarne con gli amici; inoltre immagino che qua dentro ci
siano molte persone ben "navigate" nell'ambito della psicologia, o per
esperienza personale o per studio/lavoro, ecc.
Ringrazio quindi anticipatamente chi avrà la pazienza di leggere.
Vado da uno psicologo-psicoterapeuta (laureato con i 5 anni: "vecchia
guardia" insomma) da 6 anni.
Per la precisione dall'autunno del 2000.
Inizialmente ci sono andata tramite il servizio sanitario pubblico, poi,
dopo qualche anno, siccome lui s'è messo in privato e non ha più esercitato
nel centro pubblico dove lavorava, ho proseguito da lui privatamente (su sua
proposta, ma anche su mia convinzione).
Il mio problema erano le frequenti sindromi ansioso/depressive, con picchi
abbastanza alti soprattutto all'inizio.
Mi sono sempre trovata bene con lui, sia prima (nel centro pubblico) che
dopo (privatamente). Mi ha dato molti strumenti psicologici per conoscere
meglio me stessa e gli ambienti che frequentavo, m'ha aiutato a saper meglio
gestire le situazioni di ansia e di stress, a "controllare" (per quanto
possibile) le mie depressioni. Soprattutto i primi anni (diciamo dal 2000 al
2004/2005) sono stati *decisivi*, dal punto di vista psicoterapeutico, per
migliorarmi e crescere. Ha fatto un ottimo lavoro, dandomi sempre spunti a
cui non avevo pensato, favorendo una certa "presa di sicurezza" che non
avevo prima.
Ovviamente non mi ritengo - nè mai mi riterrò - "guarita" e "donna
perfetta"; difficilmente sarò immune da periodiche tristezze, o da ansie in
periodi di particolare stress famigliare o relazionale, ma almeno in questi
anni ho imparato a conviverci e soprattutto a dar loro il giusto valore e a
meglio gestirle. A questo credo serva la psicoterapia. Lui stesso, il mio
psicologo, ha dovuto constatare, nell'ultimo anno, i miei miglioramenti e la
mia maturità lentamente acquisita (grazie soprattutto al lavoro fatto con
lui e alle sue capacità, non lo dimentico mai, ovviamente).
Nel frattempo ho anche un compagno, con cui sto da 3 anni, una storia ormai
abbastanza solida e che anch'essa ha contribuito a migliorarmi, ovviamente.
E altrettanto ovviamente non ho certo mai pensato che la mia buona relazione
sentimentale potesse rendere non più utile la psicoterapia; infatti dopo 3
anni vado tuttora dallo psicologo.
Vengo al dunque.
Un paio di anni fa, lo psicologo mi propose di aumentare le nostre sedute
settimanali: da una a due. Era un periodo in cui avevo un picco di stress
famigliare, e lui disse che questo "raddoppio" di psicoterapia settimanale
sarebbe stato utile per meglio affrontare questo stress. Accettai di buon
grado.
Quindi da due anni vado dallo psicologo per due ore a settimana, in due
giorni diversi.
Mesi fa, con alcune cose fisiche e importanti ormai definitivamente
sistemate, e trovandomi sempre meglio e più serena, ho iniziato a chiedergli
se era possibile ritornare a una seduta settimanale, come prima. Questo
anche per motivi pratici (il suo studio non è molto vicino a casa mia), e un
pochino anche per motivi economici (ogni mese pago 8 sedute... e le spese
sono tante, di questi tempi). Inoltre, ripeto, mi sento da troppo tempo
ormai abbastanza equilibrata e francamente spesso mi stanca di fare ben due
sedute settimanali, le trovo spesso impegnative e a volte, sinceramente, non
avrei nulla da dire, e ben poco d'ascoltare.
Lui di colpo è cambiato... nel giro di poche settimane: ha iniziato a
diventare freddo e quasi scocciato, con tono professionale ha indicato mille
motivi per cui, anche se sto bene, devo continuare ad andare 2 volte in
settimana, soprattutto giustificandolo con fatto che, proprio perchè sto
meglio, è l'occasione per analizzare più a fondo me stessa e, ora che le
depressioni sono state grosso modo abbattute, iniziare a costruire...
progettare la mia vita ecc.
Non so perchè, ma ho iniziato a fidarmi un pò meno di lui. La sua reazione,
davanti alla mia semplice richiesta di ritornare a 1 seduta settimanale, è
stata molto irritata, mi pareva come se l'avessi "tradito", e continuava a
sviare sulla risposta (cioè sul dirmi se tornare o meno a 1 seduta
settimanale). Conclusione, quando gli ho finalmente chiesto, in modo
diretto, se dal prossimo mese potevamo tornare a 1 seduta a settimana, ha
detto che ne avremmo riparlato il prossimo anno, e che almeno fino a
dicembre c'è bisogno che vada due volte, che la depressione è sempre dietro
l'angolo, e che non devo cantar vittoria ecc.
Ma erano tutte sue supposizioni! Io volevo solo ritornare a ritmi più
consueti, non "cantar vittoria" o smettere con la psicoterapia... mah. Ad un
certo punto, chissà come travisando le mie parole, m'ha anche detto: "Ah, se
vuoi puoi anche interrompere la psicoterapia, nessuno ti obbliga..!". Non
credevo alle mie orecchie.
Lui, sempre pacato, sempre impersonale e razionalissimo, andava a sospettare
che dietro la mia richiesta di ridurre le ore, ci fosse l'intenzione di
smettere con la psicoterapia... boh.
Non è mai successo un tale equivoco con lui in tutti questi anni, e non
volevo credere che avesse davvero travisato le mie parole, mi pareva di
essermi espressa in modo chiaro.
Da allora ha iniziato a essere freddo e non più lo stesso, me ne sono ben
accorta.
La goccia che ha fatto trabboccare il vaso, alcuni giorni fa. Più o meno una
volta all'anno, su impegnativa del mio dottore di famiglia, faccio una
visita psichiatrica all'ospedale, giusto per controllo (e anche per vedere
se devo assumere o non assumere farmaci, ecc.). Quest'anno c'era uno
psichiatra nuovo, gli ho detto che assumevo Xanax e che ho smesso di
assumerlo da diversi mesi e che continuo ad andare dal psicoterapeuta. Lo
psichiatra mi ha ha trovato in buona forma, ha detto che secondo lui sono
serena e di non prendere più farmaci, infine mi ha detto, giusto per
sicurezza, se il mio psicoterapeuta può telefonargli un giorno. Una
richiesta spassionata e tranquilla, io l'ho ben visto. Ebbene, appena l'ho
riferito al psicoterapeuta, lui s'è visibilmente irritato: ha detto che non
telefonerà, che non ha nulla da dire ad altri medici, che è contrario alla
mia visita annuale dallo psichiatra, che devo solo lavorare "di testa", ecc.
ecc.
Morale: davvero non ha voluto nemmeno annotarsi il numero di telefono di
questo psichiatra pubblico. Non so le ragioni, ma trovo tutto questo molto
strano.
Lui (il psicoterapeuta) è sempre lo stesso, credetemi... non è "ammattito",
nè altro... e non pensate che si possa essere innamorato di me, o cose
simili... ve lo assicuro.
Ma ho realizzato che - è un dato di fatto, ve lo giuro - lui appare
scocciato del fatto che sto meglio, che vivo meglio, che sto diventando
autonoma e più autosufficiente, che gli racconto meno paure e ansie di
prima...
E spesso ultimamente cerca invece di mettermi dubbi, di ricordarmi di
periodi bui del passato, di sottolineare sempre più la mia fragilità, come
se stessi ancora male; mentre invece fino a poco tempo fa mi diceva
compiaciuto che ero migliorata tantissimo e che si congratulava per il
lavoro che avevamo svolto insieme.
Ad esempio, fino a poco tempo fa sottolineava la bontà di un circolo
culturale che frequento da poco tempo; mentre invece, nelle ultime sedute -
senza che sia successo nulla! - non fa altro che mettermi in guardia e
suggerirmi difficoltà o ansie che potrei subire nella frequentazione di
quell'ambiente. Dice che secondo lui non sono ben preparata a "gestirmi" in
quel contesto, e che allora "dovremmo lavorare molto su questo".
Ma quale "lavorare"... mi sono alla fine detta io... è un posto dove sto
molto bene e finora non ho mai incontrato difficoltà, ma solo piccole
soddisfazioni e buone amicizie.
Morale: credo di non aver più fiducia nel mio psicologo, lui non mi appare
più come prima, a volte l'ho trovato perfino fragile e scocciato, cambiato.
Settimane fa ho dovuto saltare una seduta per un'emergenza in casa e, per la
prima volta in sei anni, mi ha detto che a fine mese avrei dovuto comunque
pagargli la seduta. Sono rimasta esterefatta. Dovete sapere che in 6 anni
avrò saltato si e no solo 5-6 sedute, rimandate senza alcun problema; e anzi
alcune volte lui mi ha chiesto di spostare il nostro orario o la nostra
giornata, e io ho accettato di buon grado. Perciò sono rimasta stupita da
questa novità (anche se so bene che normalmente i psicologi fanno pagare le
sedute saltate).
L'ho trovato infantile. Avrei voluto fargli notare che altre volte in
passato o lui o io abbiamo dovuto spostare le sedute, e non c'era mai stato
problema. Ma non ho trovato il coraggio di contestare. Lui, ammetto,
esercita una certa autorevolezza su di me.
Per tutte queste cose, ho deciso di interrompere la psicoterapia: non solo
perchè vivo oggettivamente più serenamente da alcuni anni, ma anche perchè
non provo più quell'apertura e quella fiducia che avevo per lui. Che rimane
sempre un ottimo professionista, e che ringrazierò a vita per il bene che mi
ha fatto, sia chiaro.
Vi chiedo: come posso esprimergli questa volontà? Lo conosco bene: lui farà
di tutto per farmi restare, anche facendomi sentire in colpa, se del caso.
Ci sono degli argomenti che potrei utilizzare, per ringraziarlo di tutto ma
anche per evitare che insista a farmi rimanere, o che si irriti, che
reagisca male, o, peggio ancora che inizi a farmi sentire in colpa
(="...ecco, adesso che stai meglio vuoi abbandonare la psicoterapia, tutto
il lavoro che abbiamo fatto... ecc.)?
La prossima settimana vorrei annunciarglielo, perchè le sedute - per la
prima volta in 6 anni - hanno iniziato a stancarmi, a generarmi ansia e
senso di inutilità, soprattutto per la perdita di fiducia nello psicologo,
per i comportamenti inediti che ha assunto ultimamente. Non ho più niente da
dirgli, niente su cui lavorare, niente da approfondire... e non è una cosa
passeggera, sono diversi mesi oramai.
Lo stimo molto, tuttora; e proprio per questo non vorrei deluderlo.
Cosa dirgli, insomma, per far sì che non ci rimanga male e che capisca che
davvero mi ha aiutato molto (e lo ringrazierò a vita, ripeto) ma che adesso
sono stanca di psicoterapia e vorrei camminare con le mie gambe?
Grazie per l'attenzione, e grazie anticipatamente a chi avrà la pazienza di
rispondermi.
Serena P.
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Mi sento un pò in imbarazzo a scrivere pubblicamente, non mi capita spesso
di farlo, e per giunta per una questione molto personale.
Ma non mi va di parlarne con gli amici; inoltre immagino che qua dentro ci
siano molte persone ben "navigate" nell'ambito della psicologia, o per
esperienza personale o per studio/lavoro, ecc.
Ringrazio quindi anticipatamente chi avrà la pazienza di leggere.
Vado da uno psicologo-psicoterapeuta (laureato con i 5 anni: "vecchia
guardia" insomma) da 6 anni.
Per la precisione dall'autunno del 2000.
Inizialmente ci sono andata tramite il servizio sanitario pubblico, poi,
dopo qualche anno, siccome lui s'è messo in privato e non ha più esercitato
nel centro pubblico dove lavorava, ho proseguito da lui privatamente (su sua
proposta, ma anche su mia convinzione).
Il mio problema erano le frequenti sindromi ansioso/depressive, con picchi
abbastanza alti soprattutto all'inizio.
Mi sono sempre trovata bene con lui, sia prima (nel centro pubblico) che
dopo (privatamente). Mi ha dato molti strumenti psicologici per conoscere
meglio me stessa e gli ambienti che frequentavo, m'ha aiutato a saper meglio
gestire le situazioni di ansia e di stress, a "controllare" (per quanto
possibile) le mie depressioni. Soprattutto i primi anni (diciamo dal 2000 al
2004/2005) sono stati *decisivi*, dal punto di vista psicoterapeutico, per
migliorarmi e crescere. Ha fatto un ottimo lavoro, dandomi sempre spunti a
cui non avevo pensato, favorendo una certa "presa di sicurezza" che non
avevo prima.
Ovviamente non mi ritengo - nè mai mi riterrò - "guarita" e "donna
perfetta"; difficilmente sarò immune da periodiche tristezze, o da ansie in
periodi di particolare stress famigliare o relazionale, ma almeno in questi
anni ho imparato a conviverci e soprattutto a dar loro il giusto valore e a
meglio gestirle. A questo credo serva la psicoterapia. Lui stesso, il mio
psicologo, ha dovuto constatare, nell'ultimo anno, i miei miglioramenti e la
mia maturità lentamente acquisita (grazie soprattutto al lavoro fatto con
lui e alle sue capacità, non lo dimentico mai, ovviamente).
Nel frattempo ho anche un compagno, con cui sto da 3 anni, una storia ormai
abbastanza solida e che anch'essa ha contribuito a migliorarmi, ovviamente.
E altrettanto ovviamente non ho certo mai pensato che la mia buona relazione
sentimentale potesse rendere non più utile la psicoterapia; infatti dopo 3
anni vado tuttora dallo psicologo.
Vengo al dunque.
Un paio di anni fa, lo psicologo mi propose di aumentare le nostre sedute
settimanali: da una a due. Era un periodo in cui avevo un picco di stress
famigliare, e lui disse che questo "raddoppio" di psicoterapia settimanale
sarebbe stato utile per meglio affrontare questo stress. Accettai di buon
grado.
Quindi da due anni vado dallo psicologo per due ore a settimana, in due
giorni diversi.
Mesi fa, con alcune cose fisiche e importanti ormai definitivamente
sistemate, e trovandomi sempre meglio e più serena, ho iniziato a chiedergli
se era possibile ritornare a una seduta settimanale, come prima. Questo
anche per motivi pratici (il suo studio non è molto vicino a casa mia), e un
pochino anche per motivi economici (ogni mese pago 8 sedute... e le spese
sono tante, di questi tempi). Inoltre, ripeto, mi sento da troppo tempo
ormai abbastanza equilibrata e francamente spesso mi stanca di fare ben due
sedute settimanali, le trovo spesso impegnative e a volte, sinceramente, non
avrei nulla da dire, e ben poco d'ascoltare.
Lui di colpo è cambiato... nel giro di poche settimane: ha iniziato a
diventare freddo e quasi scocciato, con tono professionale ha indicato mille
motivi per cui, anche se sto bene, devo continuare ad andare 2 volte in
settimana, soprattutto giustificandolo con fatto che, proprio perchè sto
meglio, è l'occasione per analizzare più a fondo me stessa e, ora che le
depressioni sono state grosso modo abbattute, iniziare a costruire...
progettare la mia vita ecc.
Non so perchè, ma ho iniziato a fidarmi un pò meno di lui. La sua reazione,
davanti alla mia semplice richiesta di ritornare a 1 seduta settimanale, è
stata molto irritata, mi pareva come se l'avessi "tradito", e continuava a
sviare sulla risposta (cioè sul dirmi se tornare o meno a 1 seduta
settimanale). Conclusione, quando gli ho finalmente chiesto, in modo
diretto, se dal prossimo mese potevamo tornare a 1 seduta a settimana, ha
detto che ne avremmo riparlato il prossimo anno, e che almeno fino a
dicembre c'è bisogno che vada due volte, che la depressione è sempre dietro
l'angolo, e che non devo cantar vittoria ecc.
Ma erano tutte sue supposizioni! Io volevo solo ritornare a ritmi più
consueti, non "cantar vittoria" o smettere con la psicoterapia... mah. Ad un
certo punto, chissà come travisando le mie parole, m'ha anche detto: "Ah, se
vuoi puoi anche interrompere la psicoterapia, nessuno ti obbliga..!". Non
credevo alle mie orecchie.
Lui, sempre pacato, sempre impersonale e razionalissimo, andava a sospettare
che dietro la mia richiesta di ridurre le ore, ci fosse l'intenzione di
smettere con la psicoterapia... boh.
Non è mai successo un tale equivoco con lui in tutti questi anni, e non
volevo credere che avesse davvero travisato le mie parole, mi pareva di
essermi espressa in modo chiaro.
Da allora ha iniziato a essere freddo e non più lo stesso, me ne sono ben
accorta.
La goccia che ha fatto trabboccare il vaso, alcuni giorni fa. Più o meno una
volta all'anno, su impegnativa del mio dottore di famiglia, faccio una
visita psichiatrica all'ospedale, giusto per controllo (e anche per vedere
se devo assumere o non assumere farmaci, ecc.). Quest'anno c'era uno
psichiatra nuovo, gli ho detto che assumevo Xanax e che ho smesso di
assumerlo da diversi mesi e che continuo ad andare dal psicoterapeuta. Lo
psichiatra mi ha ha trovato in buona forma, ha detto che secondo lui sono
serena e di non prendere più farmaci, infine mi ha detto, giusto per
sicurezza, se il mio psicoterapeuta può telefonargli un giorno. Una
richiesta spassionata e tranquilla, io l'ho ben visto. Ebbene, appena l'ho
riferito al psicoterapeuta, lui s'è visibilmente irritato: ha detto che non
telefonerà, che non ha nulla da dire ad altri medici, che è contrario alla
mia visita annuale dallo psichiatra, che devo solo lavorare "di testa", ecc.
ecc.
Morale: davvero non ha voluto nemmeno annotarsi il numero di telefono di
questo psichiatra pubblico. Non so le ragioni, ma trovo tutto questo molto
strano.
Lui (il psicoterapeuta) è sempre lo stesso, credetemi... non è "ammattito",
nè altro... e non pensate che si possa essere innamorato di me, o cose
simili... ve lo assicuro.
Ma ho realizzato che - è un dato di fatto, ve lo giuro - lui appare
scocciato del fatto che sto meglio, che vivo meglio, che sto diventando
autonoma e più autosufficiente, che gli racconto meno paure e ansie di
prima...
E spesso ultimamente cerca invece di mettermi dubbi, di ricordarmi di
periodi bui del passato, di sottolineare sempre più la mia fragilità, come
se stessi ancora male; mentre invece fino a poco tempo fa mi diceva
compiaciuto che ero migliorata tantissimo e che si congratulava per il
lavoro che avevamo svolto insieme.
Ad esempio, fino a poco tempo fa sottolineava la bontà di un circolo
culturale che frequento da poco tempo; mentre invece, nelle ultime sedute -
senza che sia successo nulla! - non fa altro che mettermi in guardia e
suggerirmi difficoltà o ansie che potrei subire nella frequentazione di
quell'ambiente. Dice che secondo lui non sono ben preparata a "gestirmi" in
quel contesto, e che allora "dovremmo lavorare molto su questo".
Ma quale "lavorare"... mi sono alla fine detta io... è un posto dove sto
molto bene e finora non ho mai incontrato difficoltà, ma solo piccole
soddisfazioni e buone amicizie.
Morale: credo di non aver più fiducia nel mio psicologo, lui non mi appare
più come prima, a volte l'ho trovato perfino fragile e scocciato, cambiato.
Settimane fa ho dovuto saltare una seduta per un'emergenza in casa e, per la
prima volta in sei anni, mi ha detto che a fine mese avrei dovuto comunque
pagargli la seduta. Sono rimasta esterefatta. Dovete sapere che in 6 anni
avrò saltato si e no solo 5-6 sedute, rimandate senza alcun problema; e anzi
alcune volte lui mi ha chiesto di spostare il nostro orario o la nostra
giornata, e io ho accettato di buon grado. Perciò sono rimasta stupita da
questa novità (anche se so bene che normalmente i psicologi fanno pagare le
sedute saltate).
L'ho trovato infantile. Avrei voluto fargli notare che altre volte in
passato o lui o io abbiamo dovuto spostare le sedute, e non c'era mai stato
problema. Ma non ho trovato il coraggio di contestare. Lui, ammetto,
esercita una certa autorevolezza su di me.
Per tutte queste cose, ho deciso di interrompere la psicoterapia: non solo
perchè vivo oggettivamente più serenamente da alcuni anni, ma anche perchè
non provo più quell'apertura e quella fiducia che avevo per lui. Che rimane
sempre un ottimo professionista, e che ringrazierò a vita per il bene che mi
ha fatto, sia chiaro.
Vi chiedo: come posso esprimergli questa volontà? Lo conosco bene: lui farà
di tutto per farmi restare, anche facendomi sentire in colpa, se del caso.
Ci sono degli argomenti che potrei utilizzare, per ringraziarlo di tutto ma
anche per evitare che insista a farmi rimanere, o che si irriti, che
reagisca male, o, peggio ancora che inizi a farmi sentire in colpa
(="...ecco, adesso che stai meglio vuoi abbandonare la psicoterapia, tutto
il lavoro che abbiamo fatto... ecc.)?
La prossima settimana vorrei annunciarglielo, perchè le sedute - per la
prima volta in 6 anni - hanno iniziato a stancarmi, a generarmi ansia e
senso di inutilità, soprattutto per la perdita di fiducia nello psicologo,
per i comportamenti inediti che ha assunto ultimamente. Non ho più niente da
dirgli, niente su cui lavorare, niente da approfondire... e non è una cosa
passeggera, sono diversi mesi oramai.
Lo stimo molto, tuttora; e proprio per questo non vorrei deluderlo.
Cosa dirgli, insomma, per far sì che non ci rimanga male e che capisca che
davvero mi ha aiutato molto (e lo ringrazierò a vita, ripeto) ma che adesso
sono stanca di psicoterapia e vorrei camminare con le mie gambe?
Grazie per l'attenzione, e grazie anticipatamente a chi avrà la pazienza di
rispondermi.
Serena P.
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/