Post by elishebaOra che mi ci fai pensare, chiamare Renzo chi all'anagrafe risulta
"Lorenzo" non mi indispone.
Quindi, riflettendo un attimo,scopro di non detestare i diminutivi in
toto, ma quelli di matrice più "anglofona". Esempio. Se Elisabetta diventa
Ely, mi indispone. Se diventa Betta, non mi crea problemi;)
Può darsi che abbia qualche rilevanza l'aspetto anglofono, ma io farei
piuttosto caso che le forme troncate tipo "Renzo", "Peppe", etc. sono
abitualmente accettate anche come nomi propri, anche se non sono diminutivi.
Per esempio, uno che si chiama proprio Renzo, e non Lorenzo: e ce ne sono
molti. Non è così invece per i diminutivi tipo "Ely", "Fede", etc. E' chiaro
quindi, e direi sia soprattutto per questo, che ti diano più...
nell'orecchio.
Post by elishebaIo mi chiamo Paola, quindi dovrei essere immune dall'essere
"diminutivizzata". Eppure c'è stato chi ha cercato di chiamarmi Polly!!!!
(E mal gliene incolse)
Soprattutto pensando che nei paesi anglofoni Polly è il nome standard del
pappagallo!
Post by elishebaSta di fatto che Eleonora come nome è bellissimo, Ele è raccapricciante.
Comunque, sì, penso che dietro l'impiego dei diminutivi esistano la
volontà e l'intento di perseguire una familiarizzazione, una complicità,
un'intimità con la persona che si...ehm..."diminuisce". Non
dimentichiamoci infatti che diminutivo deriva da "deminutio".
DIMINUTIVO
1) Atto a diminuire, che vale a diminuire.
a) quantitativamente: una diminuzione
b) qualitativamente: un colorito affettivo.
Probabile, quindi, che l'amico di Eleonora la chiami Ele in conseguenza
dell'ipotesi b)...Mentre io continuo a chiamarla Eleonora per non farla
soccombere all'ipotesi a) ;P
Siamo in due. Inoltre io, giusto perché a pensar male si pensa bene, tendo
in genere a fare questo mio esempio volgare ma direi molto efficace per
spiegare come mai la gente, specie negli ultimi tempi, tende a voler dare
sempre più del tu, senza più ritegno per situazioni o formalità (che sono
nella loro sostanza molto meno vuote di quello che si ritiene comunemente,
tanto che a me fanno piacere vero e proprio): se vuoi inculare qualcuno, lo
fai meglio se lo hai vicino o se lo hai lontano? Dare del tu è un modo per
togliere il più possibile le distanze che ci sono con le altre persone (e
non sempre renderle pari a noi, anzi... questo lo fa forse, molto di più, il
dare del lei, nonostante le apparenze), e quindi è come dire: diamoci del
tu, così ci sentiamo più alla mano reciprocamente, ma se mi sfrulla, e
nonostante tutto (l'apparenza del darsi del tu, appunto) sono quello più
forte, e tu hai accettato la vicinanza a me, t'acchiappo e ti fotto meglio.
Schermisticamente parlando: dare del lei è stare a misura, dandosi agio a
vicenda; dare del tu è avvicinarsi troppo, arrivare ai ferri corti, e lì chi
è più portato a soccombere rischia molto di più. Parlo ovviamente del "tu"
fasullo, non quello tra amici fidati; così come escludo quel "lei" che è in
realtà il "tu" truffaldino suddetto camuffato di formalità. Sono le
occasioni stesse a suggerire meglio come stanno le cose e come muoversi.
Altro esempio fornitoci dagli animali, piuttosto accorti. Il cane o il gatto
ti danno del tu serio quando ti mostrano la pancia: non lo fanno che a
quelli dei quali si fidano, pensa se lo facessero a qualcuno
malintenzionato.
Forse con i diminutivi, e con tutte le forme di diminuzione dell'altro, come
giustamente osservi, accade anche una cosa del genere.
Giacomo